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Per oltre il 90% della nostra giornata viviamo nella cosiddetta comfort zone, caratterizzata da azione compiute in modo automatico: camminare, lavarci i denti, guidare l’automobile, mangiare, bere, respirare ecc.
Ogniqualvolta che, riusciamo a pensare ad altro mentre compiamo un’azione significa che ci troviamo nella nostra comfort zone.
Cosa si intende esattamente con comfort zone?
La Psicologia Comportamentale definisce la comfort zone come:
La condizione mentale in cui la persona agisce in uno stato di assenza di ansietà, con un livello di prestazioni costante e senza percepire un senso di rischio (Wikipedia: Alasdair A. K. White, Teoria della comfort zone).
Si tratta dunque di una situazione abituale, di familiarità e sicurezza in cui ci si sente del tutto a proprio agio, caratterizzata dalla totale assenza di rischi o minacce.
Un esempio di comfort zone può essere quello vissuto durante stato prenatale: ognuno di noi ha trascorso 9 mesi senza alcuna preoccupazione, dolcemente immerso nel liquido amniotico.
Al sicuro dentro il pancione, coccolati dalle carezze della nostra mamma.
Poi un giorno improvvisamente quello stato di perfetta comfort zone finisce, e veniamo scaraventati in un contesto tutt’altro che rassicurante: le urla della nostra mamma, nuove luci, nuovi suoni…
Cosa sta succedendo? Perché sta succedendo? Dove sono? Poi arriva il freddo, i primi esami, le misurazione e le prime punture.
Quindi possiamo dire che la nostra nascita è stato il primo importante cambiamento della nostra vita.
Se è vero che il nostro cervello impara dalle nostre esperienze passate, cosa ha imparato con tutta probabilità il giorno in cui siamo venuti al mondo?
I primi anni possono essere ancora identificati come periodo bello: ogni nostro bisogno, desiderio viene immediatamente soddisfatto dai genitori.
Ma un bel giorno le lacrime non bastano più per far correre mamma e papà al tuo capezzale… cosa sta succedendo? Perché? Cosa abbiamo fatto?
Ecco un altro cambiamento che viviamo quasi sempre come sgradevole e angosciante: ci sentiamo inadeguati e accumuliamo i primi “sensi di colpa” che ci condizioneranno inconsciamente per tutta la vita se non interveniamo prontamente.
Anche questa volta il cambiamento si è rivelato doloroso.
L’unica conclusione plausibile che la nostra mente può fare è: “Meglio non cambiare se la situazione attuale è sicura e accettabile”.
Esiste addirittura un proverbio a vantaggio di questa tesi “Quando lasci la strada vecchia per quella nuova, sai cosa lasci, ma non sai cosa trovi”.
Il rischio più grande della comfort zone è quello di estenderla a tutti gli ambiti della nostra vita con il risultato di spegnere la nostra creatività e la voglia di migliorare, lasciandoci cadere automaticamente nella mediocrità, abbandonandoci alla noia e ai sensi di colpa che ne derivano.
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