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Chi ha spostato il mio formaggio?
è il titolo di una storiella tanto simpatica quanto istruttiva scritta da Spencer Johnson e pubblicata da Sperling & Kupfer, in formato tascabile.
Racconta di quattro personaggi – due topolini e due gnomi – che vivono in un “labirinto” e sono alla continua ricerca di un formaggio che li nutra e li faccia vivere felici.
Ogni personaggio è caratterizzato da peculiari comportamenti, tutti evidentemente “allegorici” dei diversi atteggiamenti che noi umani possiamo adottare quando ci troviamo di fronte alla necessità o alla opportunità di cambiare.
“Il “formaggio” è la metafora di quello che vorremmo avere dalla vita: un buon lavoro, un rapporto d’amore, soldi, serenità d’animo. Il “labirinto” è il luogo in cui cerchiamo quello che desideriamo: l’azienda in cui lavoriamo, la famiglia, la comunità in cui viviamo.
“Nella storia i personaggi si trovano a fronteggiare dei cambiamenti inattesi.
“Alla fine uno di loro affronta il mutamento con successo e scrive sui muri del labirinto che cosa ha imparato dalla sua esperienza” 11 .
Nella storia, ogni personaggio è caratterizzato da un atteggiamento che esprime un diverso livello di “propensione al cambiamento”, esattamente come potremmo rilevare, in misura variabile ed ovviamente più articolata, negli esseri umani:
Chi ha spostato il mio formaggio è un’utile metafora che ci consente di riflettere su una serie di punti chiave relativi al governo dei cambiamenti nella nostra vita:
Ognuno di noi può rispecchiarsi in uno o più atteggiamenti interpretati dai personaggi della storia in termini di propensione al cambiamento e riflettere attentamente sui punti chiave estrapolati dalla metafora.
Per la maggior parte delle persone, nella realtà non è mai facile affrontare un cambiamento, soprattutto quando è imposto o imprevisto.
Il “segreto” sta comunque nel viverlo nel modo più costruttivo e propositivo possibile, traendo spunti per il futuro.
La strategia consigliata è lavorare psicologicamente su se stessi attraverso il porsi alcune domande-riflessioni e stabilire piani d’azione utilizzando anche le risposte che ognuno si è dato e/o ha ricevuto come utili indicazioni da qualcun altro.
L’alternativa a questo fondamentale atteggiamento introspettivo/progettuale è subire passivamente il cambiamento e quindi rimanere travolti o paralizzati dagli eventi.
“La paura che noi stessi alimentiamo con la nostra immaginazione è peggiore della realtà”, afferma Spencer Johnson.
L’ansia anticipatoria dell’insuccesso – la stessa che metaforicamente ci porta a piangere prima che il latte sia rovesciato – aumenta la probabilità di non farcela realmente.
Nello stesso tempo, non bisogna rimanere vittime dell’arroganza che nasce dall’aver affrontato con successo un cambiamento, né cadere nella presunzione del ritenersi immuni da “difetti”.
“Nulla necessita di cambiamento quanto le abitudini degli altri”.
In questa tanto ironica quanto arguta citazione di Mark Twain, ritroviamo la convinzione, così diffusa oggi nelle persone, del ritenersi “perfetti”, privi di “difetti”, del fatto che debbano essere gli altri a cambiare e non loro.
Invece, siamo tutti invitati a mettere in pratica.
La terza legge del cambiamento:
Bisogna cambiare se stessi prima di aspettarsi che siano gli altri a cambiare
11 Dalla presentazione del libro.
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