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Articolo tratto dal libro:
La comfort zone
«L’unico posto in cui successo viene prima di sudore è il dizionario». Vidal Sassoon
Durante la giornata le nostre azioni avvengono per oltre il 90% in una situazione di “comfort zone”, sono cioè azioni che compiamo in “automatico” (camminare, lavarci i denti, mangiare, respirare, ecc.). Tutte le volte che, mentre stiamo facendo qualcosa, la nostra mente pensa ad altro, siamo in comfort zone.
Che cosa è esattamente la “comfort zone”?
Una definizione ci viene dalla Psicologia Comportamentale che definisce la comfort zone come: “La condizione mentale in cui la persona agisce in uno stato di assenza di ansietà, con un livello di prestazioni costante e senza percepire un senso di rischio” (Wikipedia: Alasdair A. K. White :“Teoria della comfort zone”).
In altre parole, una condizione di familiarità, confidenza e sicurezza in cui la persona si trova completamente a proprio agio, senza percepire rischi o pericoli.
Per la teoria del management, lo svantaggio della comfort zone è di non essere “provocatoria”, ovvero di non proporre stress o stimoli che possano attivare la creatività e la concentrazione.
Possiamo affermare che la situazione di “comfort zone” è una situazione di massima efficienza che però, se non viene costantemente “aggiornata a livelli superiori di prestazione”, presenta una serie di controindicazioni:
- La nostra consapevolezza e la nostra concentrazione sono praticamente nulle e quindi siamo impreparati agli imprevisti.
- Perdiamo la ricchezza contenuta nell’esperienza che stiamo facendo (viviamo una “non esperienza”, per esempio camminiamo per strada e non notiamo nulla: un profumo nell’aria, la sfumatura di colore di un fiore, il sorriso di un bambino, l’eleganza di una persona, l’azzurro del cielo, il piacere del nostro respiro, una nuova vetrina, ecc.).
- Non impariamo niente di nuovo, non c’è miglioramento, anzi per la legge del risparmio, per cui tendiamo a eliminare tutto ciò che costa sforzo, s’innestano processi d’involuzione.
- E’ un’esperienza che non ci coinvolge più emotivamente e può diventare noiosa o deprimente. Vi ricordate le prime volte che eravate alla guida di un’automobile, o meglio ancora, della vostra prima automobile? Quanto era bello ed emozionante? Quanto piacere, soddisfazione, curiosità, ponevate nella guida? E adesso, dopo aver percorso decine di migliaia di chilometri, quanto è rimasto di quel piacere?
- E’ dimostrato che in questa situazione, mancando la consapevolezza del presente e del “nuovo”, il cervello non produce più nuove connessioni, s’impigrisce, aumenta la resistenza e la riluttanza al cambiamento e l’efficienza complessiva diminuisce. Il proverbio recita “meno si fa e meno si farebbe”. La nostra mente rinuncia a focalizzarsi e trova comodo farsi catturare e trascinare via dai pensieri che si affacciano senza una logica precisa.
- La noia uccide i neuroni e favorisce i processi d’invecchiamento. Negli uomini come negli animali un'esistenza priva di stimoli è fonte di invecchiamento cerebrale. È quanto emerge da una ricerca americana dell'Università di Princeton condotta su alcuni esemplari di uistitì, piccole scimmie originarie dell'Amazzonia. Esaminando il cervello delle scimmie i ricercatori hanno constatato che gli animali rinchiusi in spazi angusti e privi di stimoli hanno sviluppato meno neuroni e proteine sinaptiche, quelle che il cervello utilizza per trasmettere messaggi tra neuroni, rispetto a quelli che hanno avuto a disposizione spazi in cui giocare, arrampicarsi e nascondersi. L'ambiente contribuisce quindi allo sviluppo e all'utilizzo del cervello che a sua volta influisce sull'apprendimento e le singole capacità (articolo di Giovanna Caldara “La noia uccide i neuroni e invecchia” apparso su www. psychologies.it nel giugno 2008).
- In certi casi il rischio è addirittura quello di cadere progressivamente in una comfort zone di pensieri negativi. Il nostro cervello è “preistoricamente” più bravo a rilevare minacce, reali o immaginarie, ed è meno allenato a vedere le opportunità, favorendo l’insorgere di sentimenti di ansia, di critica costante, di collera, autocritica e sensi di colpa, e il pericolo reale nel lungo periodo è uno stato depressivo o perfino di malattia.
La zona di comfort è la principale responsabile della naturale resistenza che ogni essere umano oppone al cambiamento.
La parte d’ignoto che è sempre presente nel cambiamento è all’origine dei sentimenti di dubbio, incertezza, timore, ma quello che è certo è che, senza cambiamento, non c’è miglioramento.
Einstein affermava: “Se fai sempre le stesse cose, otterrai sempre gli stessi risultati. Se vuoi risultati differenti, devi fare cose differenti”.
In questa prospettiva possiamo definire la ricerca dell’eccellenza come un’abitudine a mettersi in gioco per aggiornare continuamente verso l’alto il proprio livello di conoscenze e competenze.
Pensate a un campione del mondo di qualsiasi specialità, per rimanere il numero 1 deve continuamente allenarsi per mantenere e aggiornare il suo livello di abilità rispetto ai rivali. Deve continuare a essere quello che sbaglia di meno. Il giorno che non riesce più a farlo inizia il suo declino.
“Siamo ciò che facciamo ripetutamente. Pertanto l’eccellenza non è un’azione, bensì un’abitudine”. Aristotele
In questo senso possiamo dire che i corsi di formazione rappresentano un’ottima occasione per:
- “Fare il tagliando alle proprie competenze”, come facciamo con l’automobile che ogni tot chilometri viene sottoposta a un controllo generale per mantenere al suo massimo efficienza e affidabilità, prevenire guasti meccanici e garantire la massima sicurezza in tutte le situazioni.
- Acquisire nuove conoscenze e/o competenze.
- Osservare il proprio lavoro da punti vista e prospettive differenti.
- Trovare nuovi stimoli e motivazioni.
- Mettersi in gioco e confrontarsi con altre esperienze.
- Imparare e divertirsi facendo esperienza in un ambiente protetto.
- Allenarsi al miglioramento e mantenere efficienti le nostre capacità di apprendimento.
- Aumentare il numero di sinapsi del nostro cervello per mantenerlo giovane e vivace.
- Prendersi una pausa per riflettere senza i filtri del quotidiano.
- Migliorare il nostro curriculum.