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Il non senso ed il demenziale, categorie oggi in voga in diversi programmi televisivi e teatrali, sono squallide espressioni di una comicità lobotomizzata e sortiscono l’effetto di snaturare l’essenza del vero umorismo.
Solo in casi molto rari, gag basate sul non senso brillano di luce propria, luminosa al punto tale che non teme di eclissarsi dietro le ombre del banale.
Memorabile lo sproloquio di Ugo Tognazzi, alias Conte Mascetti, nel film Amici Miei, nella scena in cui si rivolge ad un vigile urbano: “Supercazzola prematurata con scappellamento a destra…”.
Esiste poi un umorismo di matrice anglosassone, indicato anche come “dry humor”, che affonda le sue radici culturali nelle opere di Oscar Wilde, Jerome K. Jerome, Arthur Conan Doyle fino ad incarnarsi, attraverso iperboliche metamorfosi, nel personaggio cinematografico di Mr. Bean.
La cultura americana del XIX secolo, con Mark Twain e Ralph Waldo Emerson, esprime invece un umorismo di carattere filosofico-esistenziale, sostanzialmente ispirato al mistero della vita e della morte.
Nei loro aforismi, possiamo degustare un cocktail di sottile ironia mescolata a profonda riflessione:
“Non tentate di vivere per sempre: non ci riuscirete” (Mark Twain)
“E’ inutile prendere sul serio l’esistenza, tanto non se ne esce vivi” (Mark Twain)
“Quando tutto è buio, puoi vedere le stelle” (R.W. Emerson)
Anche la cultura francese del XVII e XVIII secolo vide emergere alcune interessanti figure i cui aforismi sono espressione di un sagace umorismo: Francois de La Rochefoucauld e Nicolas de Chamfort.
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