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Come metodologia formativa di gruppo, l’aula ha imperato, almeno in Italia, dagli anni ’50 fino agli anni ’90 del XX secolo, vale a dire fino al momento in cui si è capito che “l’aula, lasciata da sola ed utilizzata come unico strumento di formazione e sviluppo, va incontro a difficoltà di trasferimento e applicazione”.
Tali difficoltà nascono soprattutto da alcuni “limiti” intrinseci all’utilizzo esclusivo dell’aula:
I motivi per cui tale situazione può verificarsi possono essere i più svariati:
Tanto per sdrammatizzare, un mio collega formatore, Claudio Balla, ha espresso in chiave ironica il suo punto di vista riguardo il rapporto tra formazione ed apprendimento fittizio:
“La formazione è la libidine di dire sempre le stesse, solite scontatissime cose a tante persone diverse che già le conoscono e dicono di applicarle, e che non lo faranno mai!”.
In ogni caso, l’aula rimane sempre un’ insostituibile metodologia di gestione della formazione.
Tuttavia, mentre una volta poteva considerarsi come “un punto di arrivo” del processo di sviluppo, oggi ne è il punto di partenza.
Abbiamo già avuto modo di approfondire come gli eventi della formazione debbano essere strettamente correlati alle strategie complessive di sviluppo delle persone e di business elaborate dall’azienda.
Occorre quindi che l’aula vada integrata con altre metodologie formative e sia supportata da azioni manageriali che aiutino i partecipanti ad indirizzare fattivamente gli apprendimenti, a confrontarsi con gli esempi della quotidianità lavorativa e a sentirsi protagonisti della propria crescita professionale in azienda.
Non si tratta, dunque, di “andare oltre l’aula” ma caso mai di non fermarsi solo al “programma del corso”.
In sintesi, possiamo affermare che l’utilizzo dell’aula di formazione è necessario:
L’orario consigliato, per un efficace consolidamento dell’apprendimento, rimane quello canonico delle otto ore a giornata di aula, al lordo degli intervalli.
Altre tipologie di intervento, che prevedono la “formazione in pillole” – erogata ad ore – sono assimilabili più a dei briefing che ad un evento formativo nel senso completo del termine.
Tale distinzione significa concretamente che, se l’obiettivo deve essere “formativo”, la modalità del briefing non è idonea.
Se, viceversa, l’obiettivo consiste semplicemente in una “sensibilizzazione” dei partecipanti su certi contenuti, tecniche o informazioni, allora un intervento a ore può dimostrarsi congruo rispetto a questo tipo di esigenza.
Avvertenza:
Il committente/cliente deve tenere ben presente la differenza che passa tra “formazione” e “sensibilizzazione”: utilizzando una metafora cinematografica, possiamo dire che la prima equivale a vedere un film, la seconda a vederne solo il “trailer”.
Anche il numero dei partecipanti incide in modo significativo sull’efficacia degli interventi formativi.
Per un gruppo di formazione, il range ottimale è compreso tra i nove e i sedici partecipanti.
Al di sotto di nove, convengono interventi ad ore – ideale è prevedere delle mezze giornate – o preferire attività di coaching personalizzato e/o di e-learning evitando del tutto l’aula.
Tra i sedici ed i venti partecipanti comincia ad esserci dispersione.
In questo caso gli interventi devono essere molto strutturati, vale a dire prevedere un’articolata serie di lavori in sottogruppi ed individuali, gestiti attraverso una brillante animazione del formatore.
Al di sopra dei venti partecipanti, non ragioniamo più in termini di “aula di formazione” ma di “conferenza”, di meeting, di presentazione ad una platea.
In confronto all’aula classica, infatti, le modalità di comunicazione, di gestione delle dinamiche, di recettività dei partecipanti e anche di lay out cambiano radicalmente per cui il relatore deve adattarsi di conseguenza.
A livello metodologico, la gestione dell’aula tradizionale è opportuno che preveda l’applicazione dei seguenti principi:
Nel rally, le vetture gareggiano su percorsi accidentati, sulla sabbia, sullo sterrato o sul ghiaccio, oppure su circuiti urbani come nel caso particolare di Monte Carlo.
Il pilota è al volante, mentre al suo fianco, il navigatore gli dà precise indicazioni su come affrontare una curva piuttosto che un dosso o gestire altre difficoltà ed imprevisti insiti nella gara.
La fiducia reciproca, una perfetta sinergia operativa e la voglia di tagliare il traguardo per primi caratterizzano questa tipologia di coppia sportiva.
Mi piace vedere o ritrovare la stessa analogia nel rapporto tra la società di consulenza e formazione esterna – il fornitore – e l’ azienda cliente.
Il progetto da svolgere creando valore aggiunto è il rally da vincere insieme.
Il fornitore è il pilota – guida la vettura del servizio e degli interventi con le sue specifiche competenze.
L’azienda cliente è il navigatore – fornisce al pilota le indicazioni e le dritte che servono per arrivare al traguardo delle esigenze soddisfatte.
Rimanendo in tale analogia, la gestione dell’aula, rappresenta “un tratto di percorso” del rally che il formatore-pilota deve compiere facendo attenzione a non sbandare e/o a non capovolgersi.
Il formatore efficace sa che lo stile di conduzione di un aula richiede la stessa flessibilità di un pilota da rally: saper guidare la vettura in rapporto alle specifiche caratteristiche del percorso e degli ostacoli che si possono incontrare.
Fuor di metafora, lo stile di conduzione in aula deve calibrarsi in funzione dei seguenti fattori:
Un giorno un “formatore” mi fece una richiesta: “Preferirei lavorare in aule tranquille”.
E’ come se mi avesse detto: “Sulla vettura da rally ci salgo ma solo se è quella fissata alla giostra del luna park”.
Non esistono “aule tranquille”. Il vero professionista, come un matador nell’arena, non dà nulla per scontato e chi ha esperienza nella formazione sa che l’esperienza non è mai troppa!
Massimo Reggiani, “Coaching: di che cosa stiamo parlando?”, FOR, Rivista per la formazione, n. 56, Franco Angeli, Milano, 2003
Ibidem
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